martedì 28 dicembre 2010

Volentes fata ducunt, nolentes trahunt (Il destino conduce chi lo accetta, trascina chi vi si oppone)




In questa pausa natalizia durante la quale anche gli impavidi studenti italiani, assieme ai loro amici anarco-proletario-marxisti-vattelapesca-insurrezionalisti, hanno ben pensato di deporre le spranghe per tornare al calduccio delle loro case (dove racconteranno a genitori, zii, nonni e parenti vari "l'immensa ingiustizia" della legge Gelmini), è interessante chiedersi a cosa siano serviti questi episodi di guerriglia urbana in cui, a rimetterci, è sempre stata la popolazione che vive nei paraggi dei luoghi in cui si sono verificati gli scontri... di certo non ci hanno rimesso i politici che erano controllati a vista ed adeguatamente blindati e scortati.

Perché allora cassonetti ed automobili incendiate? Perché vetrine rotte? Perché aggredire poliziotti tipicamente padri di famiglia che, se va bene, percepiscono i loro onesti 1400 euro/mese? Ma soprattutto, per che cosa avrebbero avuto titolo di protestare tutte queste migliaia di studenti di cui, 9 su 10, erano liceali o studenti universitari in Scienze Politiche - Sociologia - Psicologia o altre “scienze” umanistiche non ben definite? Nella pratica, che cosa sanno fare di così utile, questi ragazzi, al punto che la società ed il mondo del lavoro abbiano assoluto bisogno di loro e si sentano obbligati a fermarsi per ascoltare le loro esigenze? Abbiamo veramente bisogno di tutti questi “scienziati politici”, sociologi o psicologi? Forse ne basterebbero qualche centinaio e non di più, il resto potrebbe andare a fare lavori che ormai gli italiani viziati non hanno più voglia di praticare.

Chi scrive queste righe, durante la sua adolescenza, ha fatto esperienza diretta di lavori umili che ormai sono riservati agli extracomunitari e che diventeranno, volenti o nolenti, lavori ambiti anche per l'italica gioventù in un futuro molto più prossimo di quanto si possa immaginare. Dai 14 ai 19 anni, durante l'estate, andavo a lavorare in campagna per prendere qualche soldo che mi aiutasse nei futuri studi. Alla sera ero molto felice perché sentivo di aver fatto qualcosa di assolutamente pratico ed estremamente utile: raccogliere la frutta e/o i pomodori. Neppure adesso, che lavoro come ingegnere elettronico, riesco a sentire le stesse emozioni di appagamento lavorativo. Non ho però potuto proseguire la mia radiosa carriera agreste perché ho un piccolo problema: il mio cervello lavora senza sosta e devo alimentarlo in continuazione con matematica, fisica, nozioni, conoscenze, nuove esperienze etc etc. Qualsiasi lavoro ripetitivo e non creativo, che non preveda nuova conoscenza, a lungo andare è per me insostenibile. Come si dice... son caratteri!

Io vivo nella profonda campagna veneta. Dalle mie parti tutti vanno a lavorare ancora molto giovani in qualità di operai, muratori, contadini, idraulici, tecnici etc etc etc. Dalle mie parti intraprendere un corso di studi universitari significa avere già in mente un tipo di lavoro ben preciso. Il pezzo di carta col quale ci si fregia del titolo di “Dottore” rappresenta soltanto una formalità; difatti ciò che conta è IL LAVORO che si andrà a svolgere (i skei, prima de tutto). I titoli, qua nella Bassa, sono assolutamente irrilevanti. Chi per soddisfazione personale voglia comunque ottenere un titolo di studio, ad esempio, in Scienze Politiche, inizia già a lavorare a 18 anni per mantenersi negli studi. Qua, nella profonda campagna veneta, ben pochi genitori sarebbero mai in grado di accettare di mantenere un proprio figlio negli studi in Scienze Politiche, Sociologia o Psicologia. Per inciso, ho conosciuto giovani psicologhe anche vicino a casa mia, ma erano ragazze molto in gamba ed alla fine sono tutte andate a lavorare come responsabili per le risorse umane o consulenti del lavoro; loro però, come tutti i loro coetanei di questa zona, avevano in mente un percorso professionale ben preciso e motivato.

Non si può però dire la stessa cosa dell'esercito di “principini fancazzisti e principessine sul pisello” che da molti anni intraprendono studi vari ed eventuali di utilità ignota. Tutte queste persone, decisamente incapaci a svolgere lavori pratici di qualsiasi tipo, sono ormai destinate alla disoccupazione ad vitam, salvo cimentarsi con qualche lavoretto saltuario nella ristorazione, nel volantinaggio o nel baby/dog-sitting. Si aggiunge poi un esercito di studenti che intraprendono studi teoricamente utili ed interessanti, come ad esempio diversi corsi in Ingegneria, Fisica, Chimica o anche umanistici come Lettere Moderne, Lingue Orientali, Storia dell'Arte, ma che risultano fuori corso da un numero indeterminato di anni. Costoro incolperanno sempre lo Stato per il fatto di essere dei falliti nella vita; i loro genitori, quando parleranno col parentado dei figli disoccupati, faranno spallucce e diranno: “Eh, è la crisi...”.

Le università sono diventate dei laureifici, è questa la verità! Un modo come un altro per parcheggiare un esercito di giovani troppo smidollati per accettare il concetto di fatica o sacrificio, e questo a causa della becera dis-educazione impartita da genitori borghesi senza carattere e da una società consumistica. Questi individui a fatica riusciranno a digerire il primo comandamento che Dio ha imposto all'Uomo: “Ti guadagnerai il pane col sudore della tua fronte”. D'altra parte, che cosa ci si può aspettare da una gioventù cresciuta ad MTV e Playstation?

Quello dei laureifici è comunque un fenomeno già visto in passato. Il caso più eclatante è rappresentato dall'ex Unione Sovietica, dove l'eresia comunista aveva permesso ad intere generazioni studentesche di ottenere facili lauree in Ingegneria o Fisica. Nessuno era più disposto a fare l'operaio o il contadino. Pure chi lavorava come stagionale in campagna, non accettando i privilegi dei coetanei ingegneri e fisici, sul fare della primavera si metteva in malattia... e nessuno voleva più mietere il grano. Al crepuscolo del comunismo, allora, gli ingegneri e i fisici nucleari spuntavano come funghi, ma non c'era lavoro per tutti questi "cervelli". Quindi, a seguito del crollo del muro di Berlino, molti giovani ingegneri e fisici disoccupati, il cui titolo di studio non era neppure riconosciuto dalla Comunità Europea, presero su le valigie e se ne vennero dalle nostre parti per svolgere lavori umili, fra cui quello di badante.

A questo punto della storia, viene allora da chiedersi in base a quale principio questi studenti nostrani, che per lo più hanno seguito corsi di studio di pubblica inutilità, pretendono di evitare di seguire lo stesso tristo destino che ha colpito molti "dottori" dell'Est Europeo. Bisogna che qualcuno gli spieghi che è inutile opporsi all'inevitabile, se non si possiedono doti o talenti particolari; che lo studio è una scelta di passione e sacrificio; che si può studiare anche Sociologia, purché questa scelta sia frutto di una profonda vocazione; che le possibilità di uno sbocco lavorativo coerente col tipo di studi intrapresi sono molto remote; che sarebbe, in linea di principio, molto più conveniente impiegare lo stesso periodo della propria vita per apprendere qualche lavoro molto più pratico ed utile e, contestualmente, mettere da parte qualche risparmio.

Non ci dicano poi che tutti questi studenti hanno intrapreso determinati corsi di studio a fini culturali. Ammesso e NON concesso che questo abbia qualche importanza (xe sempre i skei ca conta!!), l'ineluttabile verità è che tutti costoro vogliono solo il pezzo di carta che permetta a loro, in qualche modo, di ottenere una comoda collocazione impiegatizia adeguatamente retribuita... ovvero retribuita quanto basta per andare in vacanza all'estero due volte all'anno, andare a cena al ristorante almeno una vota alla settimana, fare aperitivo 3-4 sere alla settimana, andare al concerto, al cinema, in discoteca, acquistare l'ultimo modello di iPhone, iPod, iPad, iPork o di quant'altro di inutile possa imporre la moda del momento... Questi sprovveduti che non sanno neppure allacciarsi le scarpe senza l'aiuto della mamma, possono fare solo una cosa: andare a raccogliere i pomodori assieme agli extracomunitari!!

Cattiva questa eh? Eh, però NON sono io a dirlo; è il destino che lo ha deciso, bisogna prendersela con lui! O meglio, non è stato esattamente il destino, ma le generazioni precedenti che avevano la responsabilità di preparare un futuro decoroso per le nuove generazioni. A tal proposito, adesso serpeggia la sensazione che la casta politica non si sia mai minimamente preoccupata del futuro di nessuno. Anche gli operai 50enni ormai sono preoccupati per il loro futuro: non sanno se riusciranno ad arrivare al pensionamento. Figuriamoci se non hanno titolo di preoccuparsi i ventenni o i trentenni che, dovendo lavorare come precari fino ai 40 anni, sono destinati ad andare in pensione sul letto di morte! Per questo, recentemente, diversi movimenti politici presentano la parola “futuro” nei loro nomi, o nei titoli dei rispettivi convegni e congressi. Questo, naturalmente, serve a rassicurare il potenziale elettorato sul fatto che a questi stessi movimenti stia molto a cuore il futuro della Nazione.

Ma i giovani, se vogliono pensare al loro futuro, non devono prendersela con la Gelmini, nè aspettare la “ripresina” che non arriverà mai, e neppure attendere l'avvento di “Futuro e Libertà” e “Italia Futura”! Molti giovani italiani, come molti ingegneri dell'Est che li hanno preceduti in questo dramma, se vorranno affrontare un mondo sempre più difficile, dovranno digerire il fatto di essere destinati a lavori più modesti, come quello del contadino o della badante. In particolare, visto e considerato che la nostra popolazione andrà incontro ad un estremo invecchiamento, in un futuro non molto lontano (a proposito di futuro...) ci sarà gran bisogno di badanti. Insomma, il lavoro non mancherà, ma non sarà esattamente quello che molti ragazzini di belle speranze immaginavano mentre trascorrevano pomeriggi interminabili a chattare attraverso Internet, o a “cazzeggiare” per le vie della città con gli amici, o a pomiciare spensierati sulle panchine.

A chi è dotato di notevoli doti e talenti particolari, e grazie soltanto ad esse (senza bisogno di raccomandazioni) vuole provare a spuntarla su questa situazione così avversa, vanno tutti i miei migliori auguri per un futuro di successi guadagnati con SACRIFICIO E DURO LAVORO, elementi che non faranno altro che renderlo più forte e consapevole delle proprie capacità. Per quanto riguarda gli altri, se vogliono intraprendere qualche studio universitario, eventualmente di scarso interesse dal punto di vista lavorativo, lo facciano pure a loro rischio e pericolo, ma senza addossare la colpa dei propri eventuali fallimenti allo Stato o al Ministro dell'Istruzione di turno .

Purtroppo l'Italia è una Repubblica fondata sull'irresponsabilità: se si presenta un problema, la colpa è sempre dell'altro... o dello Stato. Insegnamo alle nuove generazioni ad assumersi le loro responsabilità e a smettere di trovare scuse. Se veramente vogliono spodestare questo esercito di baroni dinosauri che compongono la classe dirigente di questo Paese decrepito, imparino ad essere meno individualisti e a tirare fuori tutta la loro determinazione per combattere nella vita ed affermarsi in un mondo che, da qui in poi, non regalerà più niente a nessuno! In quanto agli altri, cioè quelli votati al quieto vivere, il lavoro non mancherà, basta sapersi adeguare.......

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