sabato 11 settembre 2010

Il ballo del mattone, un evergreen per tutte le stagioni




Qualche giorno fa è stata acclamata da tutti i media un'evidente "ripartenza" del mercato immobiliare in Italia (+2,3% annuo), a dispetto di molti altri indicatori economici apparentemente in contrasto con la crescita stessa dell'industria edilizia, fra cui il calo dell'occupazione, il calo della natalità e dei matrimoni, il calo del potere d'acquisto del lavoro dipendente, il calo di molte altre cose... Di questo mistero dell'economia italiana contemporanea, allora, ho cercato di farmene una ragione anch'io, e sono giunto alla seguente banale conclusione: le cose hanno il valore che noi gli attribuiamo, anche se, dal lato pratico, non servono assolutamente A NULLA.

Ad esempio, una banconota da 100 € è solo un pezzo di carta, ben disegnato ma è pur sempre un pezzo di carta. Con essa, per ipotesi, acquistiamo all'Iper una quantità di generi alimentari sufficiente al fabbisogno di due persone per una settimana. In sostanza, con l'atto del pagamento, confermiamo che, secondo noi, quel pezzo di carta vale ALMENO quanto tutta la quantità di alimenti che ci portiamo a casa. Eppure non è stata la banconota a coltivare l'insalata o a mungere le vacche per ottenere i tre litri di latte che abbiamo infilato nella busta della spesa; piuttosto è stato IL DURO LAVORO del contadino/allevatore a permetterci di avere, fisicamente, verdure e latticini di vario genere.

Chiaramente è indispensabile che tutti noi continuiamo ad attribuire alle banconote il loro valore convenzionale perché, se così non fosse, dovremmo ricorrere al baratto. Analogamente, il valore che attribuiamo agli immobili è dovuto a qualcosa di molto simile ad una convenzione, ovvero alla CONVINZIONE (cambia solo una lettera) che "il mattone sia un investimento sicuro" per il futuro. Questo naturalmente è retaggio del boom economico anni 50/60/70.

Allora non si costruiscono solo case per la semplice necessità di abitare, come effettivamente dovrebbe essere, ma se ne costruiscono tante di più a scopo di investimento, generalmente per ricavarne una certa rendita da affitto e successivamente venderle ad un costo che tenga conto dell'inflazione.

In sostanza, chi investe nel mattone vede le sue nuove costruzioni come depositi bancari che nel tempo fruttano interessi e non risentono di alcun rischio di default. Soprattutto col sospetto per i rischi di crack che si è diffuso con la crisi (si vedano il caso Lehman Brothers e successivi) la gente che ha soldi da investire (o buttare) SI FIDA DI PIU' DEL MATTONE; è questo movente che sta guidando il rilancio dell'industria immobiliare in Italia.

Peccato che poi tante case rimangano sfitte o invendute; alla fine, visto che il bisogno di abitare non cresce perché non cresce la popolazione (e neppure le sue possibilità economiche), il mercato immobiliare è sostenuto esclusivamente da quelle stesse persone che investono in immobili e che si scambiano tonnellate di mattoni fra di loro; come al solito, siamo davanti ad UNA BOLLA SPECULATIVA CHE ALIMENTA SE' STESSA.

Se ci può consolare, questa bolla continua a sostenere l'industria edilizia con conseguente ricaduta positiva sull'occupazione. Ma, purtroppo, il duro risveglio arriva inesorabile: dopo che molte case saranno rimaste sfitte o invendute per decenni, molti porprietari inizieranno a porsi qualche dubbio sulla bontà dei loro investimenti. In quel frangente, queste persone rimpiangeranno di non aver investito i propri risparmi in quelle banche che, essendosi tenute alla larga dal mercato immobiliare, nel frattempo non saranno cadute in default.

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